sabato 14 giugno 2014

"San Martin" vecchia canzone filastrocca veneziana



C'è una canzone, una filastrocca, che anni fa tutti i bambini veneziani conoscevano e cantavano, accompagnandosi con pentole, coperchi, mescoli di legno e quant'altro potesse fare confusione, la vigilia di san Martino, festa che concludeva l'anno agricolo. Oggi solo sparuti gruppetti tornano a rinnovare queste antiche usanze.
Molto probabilmente l'origine geografica del canto è l'entroterra veneziano, la campagna, anche se di questo canto, là, non si trova riscontro. Infatti il canto si rintraccia, da generazioni, solo a Venezia.
È un canto di questua in quanto i bambini si fermavano davanti a negozi e abitazioni e continuavano a cantare, battendo la "batteria" casalinga, finché non ricevevano qualcosa; " ... e col nostro sachetin, ve cantemo el San Martin"    è il ritornello.
Il testo del canto recita così:

San Martin xè andà in sofita
par trovar la so noviza;
so noviza no ghe giera,
San Martin xè andà par tera.
E col nostro sachetin,
ve cantemo el San Martin.
Su 'sta casa ghe xè do putele
tute risse e tute bele
col viseto delicato
suo papà ghe lo gà stampato.
E col nostro sachetin,
ve cantemo el San Martin.
Siora Cate xè tanto bela
in mezo al peto la gà 'na stela,
se no la gavesse maritada
so papà no ghe l'avaria dada.
E col nostro sachetin,
ve cantemo el San Martin.
Siora Lussia la fassa presto
ch'el caigo ne vien adosso,
el ne vien adosso sul scarselin,
siora Lussia xè San Martin.
La prima strofa, però, così come mi è stato riferito da una signora di una "certa età", non sarebbe molto vecchia e risalirebbe a fine '800 primi '900.  Infatti, il fatto che San Martino avesse una "noviza", una fidanzata, è un po' anacronistico, ma i versi sarebbero nati in quanto, all'epoca, nella contrada vicino a San Francesco della Vigna, nel sestiere di Castello, c'era un uomo anziano, di nome Martino, che aveva la velleità di corteggiare e concupire le giovani; una di queste, molto probabilmente per soldi, aveva ceduto ed il vecchio la considerava la sua "noviza". Questa, probabilmente, aveva qualcun altro ed un giorno il vecchio Martino, "el sior Martin", essendo andato a trovarla a casa, in soffitta,   forse perché si trattava di una persona povera, non la trovò e ... rimase di stucco o come meglio dicono alcune versioni del canto " ... xè anda par tera" o, meno forbitamente "... col cul par tera".       

Si riporta qui sotto lo spartito per due voci bianche e, cliccando qui, potrete ascoltare la musica (digitale) creata con lo spartito stesso-




1 commento:

Mario ha detto...

Esatto che anni fà probabilmente TUTTI i bambini di Venezia sapevano e cantavano questa canzone. Per esperienza personale, aggiungo che almeno i mie figli la conoscono perchè grazie all'impegno di alcune insegnanti e ad alcune madri volenterose tale tradizione si è cercato di mantenerla viva. Anche quest'anno ho visto dei bambini vestiti con mantello rosso aggirarsi per negozi con sacchetto e percussioni. Ho ancora sotto il lavello pentolame vecchio e mestoli usati per questi scopi dai mie piccoli. Per fortuna c'è ancora chi tiene a mantenere viva questa usanza "casareccia", per contrastare anche quella occidentale di Halloween "non nostra". Mi auguro resistano queste insegnanti e le mamme con loro che ancora tengono e collaboro con loro a questa tradizione. Alla fine cadiamo sempre nello stesso problema, la perdita della nostra culturalità, tradizioni e usanze conseguenza della perdita dei contatti e vissuto fra generazioni. La mancanza dei nonni nelle famiglie e di chi sostituisca questo ruolo nelle nuove generazioni sta portando alla scomparsa di tradizioni usi e costumi che davano lustro alla nostra cultura. Oltre ad essere occasioni gioiose da vivere. Perchè comunque sagre, feste paesane, sacre o profane che fossero costituivano l'unica e viva occasione di socializzazione (n.d.r. riprendo pensieri comuni letti ne La casa dei nonni di P.Pietrobon). Sono giovane ma ho avuto la fortuna di vivere La casa "padronale" di campagna dei nonni e sono ricordi che rimpiango e conservo gelosamente nel cuore, rimpiango perchè purtroppo i mie figli non potranno mai sapere cosa possa esser stato l'aver perso quel "vivere" e non potrò mai fargli rivivere quelle emozioni.....