sabato 15 novembre 2008

Un articolo odierno mi fa tornare indietro nel tempo.

"Migliaia di defunti 'in cura' dal medico. Mega truffa al sistema sanitario in Sicilia"

Questo il titolo di un articolo su Corriere.it di oggi. (clicca qui).
Qualcuno si meraviglierà e, magari, -se nordista- brontolerà indicando nel meridione il solito “disastro” per il resto dalla nazione. Io, invece, essendo passato per una situazione del genere, non mi meraviglio del fatto in sé stesso, ma del ritardo rispetto a quanto riscontrato in tutta Italia, anche al nord, Lombardia e Veneto compresi. Nel Veneto, ed in particolare –per conoscenza diretta- nella Ulss presso la quale lavoravo, già oltre quindici anni fa, la magistratura intervenne e, anche con accordi con i sindacati dei medici di base, si riuscì a sanare questa … “incongruenza”.

Ma come si era arrivati a questa situazione?

Partiamo dalla riforma sanitaria fatta in fretta e furia, con poche conoscenze tecniche da parte di molti dirigenti, non tanto degli enti mutualistici che si univano nelle nuove aziende sanitarie, quanto di quelli -molto politicizzati- che entrarono nelle varie regioni.

Prima della riforma ogni ente aveva una sua “anagrafe” degli assistiti, anagrafe in gran parte cartacea, e l’INAM era l’ente con il maggior numero degli assistiti in quanto gestiva tutti i dipendenti privati, circa il 60% per cento; il resto era distribuito fra una miriate di “casse mutue”.

Non tutte erano a livello nazionale e se un cittadino passava da una cassa all’altra (ad es. un dipendente si metteva in proprio o viceversa) si aveva un duplicazione perché non esisteva un contatto fra i diversi enti.

Poi, con la fusione, si partì da un’anagrafe informatizzata, a livello nazionale, del solo INAM con l’aggiunta successiva delle varie anagrafi che, nel frattempo erano state “digitalizzate” con una serie di errori dovuti alla documentazione cartacea ancora da amanuensi ed alla manualità delle operazioni. Anche le anagrafi comunali, soprattutto quelle dei comuni più piccoli, non erano informatizzate o, se lo erano, i sistemi erano diversi (siamo a fine anni ’70) ed erano necessarie onerose conversioni. Inoltre, molto spesso, le istituzioni non si “parlavano”.

Qualche anno dopo, avendo iniziato ad interessarmi dell’anagrafe informatizzata degli assistiti della mia Ulss nel 1982, mi resi conto di quanta “spazzatura” vi fosse dentro: doppioni (ma anche “triploni” e quant’altro), assistiti ancora in carico, che, invece, erano deceduti o trasferiti; insomma, di tutto e di più. Il comune passava le variazioni, mensilmente, ancora su carta.

Estrapolare dati doppi, esattamente uguali, non era un problema; era più difficile, invece, individuare e cancellare automaticamente, dati che non erano perfettamente uguali: su questi erano necessarie verifiche “manuali” presso i comuni e presso altre Ulss e, quindi, personale da adibire a queste operazioni. Chi doveva decidere su queste operazioni decise di soprassedere.

Iniziarono a fine anni ’80 i contatti con i comuni per incrociare le anagrafi con controlli informatici, ma la cosa non fu tanto semplice, soprattutto per le autorizzazioni! C’era molta “gelosia” per i propri archivi!

Devo precisare, però, che anche i medici di base non erano “farina da far ostie”!

Ricevevano ogni mese tutte le variazioni inerenti gli assistiti a loro carico e, due volte all’anno, l’elenco completo con tutti i dati anagrafici. Quindi, un medico che si trovava assistiti con 100 e più anni e che non vedeva più da parecchio tempo e che, magari, neppure conosceva o non aveva mai visto, avrebbe dovuto, per onestà, farlo presente e, invece, … silenzio assoluto!

Ad un certo punto, mi sembra nel 1992, un magistrato si “accorse”, per caso, di questa anomalia ed inviò i carabinieri del NAS presso la Ulss, ovviamente presso i direttori generale ed amministrativo di allora che, defilati, li dirottarono al sottoscritto. Il magistrato voleva la copia dell’anagrafe su carta! Ho passato qualche giorno a far capire ai carabinieri del NAS e, tramite loro, al magistrato, l’incongruenza di simile operazione: si trattava di stampare oltre 300 mila posizioni anagrafiche (pacchi di carta e tempo di stampa) e non sarebbe servito a nulla. Poi le volevano su dischetto, una serie (non mi ricordo più quanti ne servivano) di dischetti da 5 pollici, perché il magistrato aveva un PC!

Alla fine si resero conto dell’inutilità della richiesta, limitandosi alla copia su nastro magnetico.

Da allora anche i dirigenti iniziarono a preoccuparsi. Io, invece, no perché tutti i suggerimenti che avevo dato negli anni precedenti li conservavo nella copia delle lettere che avevo scritto!

Fu necessario, come detto più sopra, un controllo anche manuale, ma, finalmente, iniziò la collaborazione con i comuni della Ulss, in particolare con il Comune di Venezia i cui cittadini sono oltre il 90% degli assistiti della Ulss.

Saltarono fuori dei casi veramente clamorosi!

La convenzione con i medici prevedeva di poter retrodatare le revoche fino a dieci anni e, quindi, gli importi da recuperare, per alcuni sanitari, risultarono di importo notevole tanto che, superando di molto il quinto delle retribuzioni, si stabilirono delle rateazioni.

Poi fu installato un “filo diretto” con il comune e così, ogni giorno, tutte le variazioni anagrafiche avevano il loro effetto anche sull’anagrafe sanitaria.

Quello che mi sembra strano nel caso siciliano è, ripeto, che solo adesso sia scoppiato, visto che ormai, da anni, le soluzioni tecniche permettono di mettere a norma il tutto con una certa facilità.

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